skip to Main Content
+39 335 5728881 bice.bice82@gmail.com

CARTEGGI per Bice Feraresi

L’anima delle cose

Dovete sapere che io so, perchè me lo hanno raccontato, che tutte le cose dell’universo hanno il loro spirito, la loro essenza. Ci sono le montagne e i vulcani, ci sono i colli e le colline, ci sono i fiumi, i ruscelli e le fonti,  le piante e gli alberi, le pietre e la sabbia del mare e ogni goccia delle acque del mare… E la cosa più bella è che quello spirito ha un nome, si chiama Rajaw Juyub: lo spirito delle cose dell’universo. Esso scivola fra le foglie del bosco, si fa largo fra le acque, vola nel vento… è il guardiano di tutte le cose. In tutti i luoghi della natura lui c’è, vigile e attento a tutto. Sono quattro occhi che fluttuano nella bruma, nell’aria cristallina, sul riflesso dell’acqua. A volte appare ma non ha forma. E’ un fischio lontano, un’ombra che appare e scompare…”
(da “Il vaso di miele” di Rigoberta Menchù Premio Nobel per la pace 1992)

Evocano presenze e sospiri leggeri le artistiche fotografie di Bice Ferraresi che, stampate su carta di riso, rendono effimero un elemento denso di evocativi richiami la cui forza è la narrazione fantastica attraverso cui, anche le immagini che rappresentano il vero, riverberano/diffondono, la ieratica compostezza dei ricordi. In esse rapisce il senso ideale che l’artista ha voluto instillare per raccontare la memoria attraverso ombre e dissolvenze che, come in un deja-vù riportano ad ascolti codificati ed impressi nel nostro vissuto senza che si riesca a collocarli in un tempo reale. Bice Ferraresi utilizzando questo nuovo strumento artistico (la fotografia), sonda l’antica (la remota) poetica della sua pittura fermando ciò su cui non si indugia: la lenta seduzione dell’emotività che, come in una spirale di fumo, tutto richiama a sé e tutto separa da sé, nell’infinito gioco di un mistero che non vuol essere svelato. E le immagini, si fanno parola che narrando soggetti calati nei rituali quotidiani, percepiscono essenze che si dipanano e tessono le loro storie in quella inesorabilità che è  il tempo. Un lavoro minuziosamente cesellato ed intriso di memoria, di ombre e riflessi e di quella misurata ma al tempo stesso travolgente spiritualità di cui l’artista coglie l’anelito, nell’attimo stesso in cui la sua fotografia imprigiona e trattiene l’essenza del ricordo.
Dando vita a quel luogo prediletto dove fioriscono i sogni…

 

Angelamaria Golfarelli

ORIZZONTI D’ACQUA
Non è passata, l’acqua nelle opere di Bice Ferraresi che continuano a proporre questo elemento come legame indissolubile alla sua arte. I fluidi orizzonti marini che ne ritraggono la dissolvente atmosfera rappresentano il perpetuarsi di un rito imprescindibile ed ineluttabile a cui l’artista non sa sottrarsi. Nelle sue ultime tele, i paesaggi diventano miraggi che, adagiandosi sulla linea lontana d eli’ orizzonte, ne liquefanno la densità, esaltando il crearsi di un’atmosfera ovattata e astratta che dal cielo e dal mare trae sostanza, ma che solo lo sguardo dell’artista traduce in essenza.
Così, nella loro raccolta intimità, le tele di Bice trasmettono e perpetuano il legame indissolubile che lega l’autrice all’acqua. In quell’amniotica e protetta dimensione che questo elemento, come la pittura, consente all’artista. Vanificando ogni possibile struttura difensiva e terrena per approdare a quella aleatoria fluidità dentro cui anche la vita stessa si muove.
topAngelamaria Golfarelli

Gian Ruggero Manzoni

GLI UNIVERSI DI BICE
… La nostra artista, infatti, calcola attentamente L’equilibrio compositivo del quadro, cerca di valorizzarne al massimo le caratteristiche della superficie, quindi procede per piani (l vari universi da lei visitati durante il processo creativo). Quindi pare che il suo interesse non sia rivolto tanto alla forma rappresentata o al gioco delle tinte, quanto si focalizzi concettualmente, piuttosto, sulla trama spaziale (la rete suddetta) e sui colori che assume la materia nel corso dei passaggi tra dimensione e dimensione, cercando, nel contempo, di salvaguardare l ’armonia complessiva dele immagini e le architetture universali che riesce a nicreare nel quadro. Attraverso questo procedimento Bice sonda le potenzialità energetiche ed evocative della materia nuda, del tutto autonoma, svincolata da un’immagine, o, là dove una parvenza di immagine riconoscibile affiora, l’artista le attnibuisce significati altri, direi esoterico-simbolici. Le sue concrezioni di materia pittorica, che sembrano sospese nel vuoto, diventano, quindi, metafora di una ricerca esistenziale. Una ricerca volta a scopnire qualcosa che abbia un autentico valore (spirituale e sapienziale) da poter opporre alla desolante mancanza di certezze, metafisiche e di identità culturale, che nell’oggi ci sta ossessivamente accompagnando.

Sandro Bassi

Dopo avere praticato per anni una pittura assolutamente astratta, Bice Ferraresi è approdata ad un personale “figurativo” (vedremo il perché delle virgolette, nient’affatto dubitative), che mantiene intanto le precedenti valenze espressioniste, arricchendosi poi di elementi nuovi.
Tra questi, un uccello, certo assai stilizzato e non immediatamente definibile, ricorrente in quasi tutti i dipinti, come un’icona, come un emblema enigmatico, come una presenza inquietante, sia quando mostra quella rigidità solenne un pò da divinità egizia, sia quando appare più dimesso, in atteggiamento più naturale. Sgombriamo però il campo da qualsiasi forzatura naturalistica: quella di Bice Ferraresi è una creatura del sogno e della fantasia, non della realtà. Di volta in volta vi si potrebbero riconoscere le fattezze di specie senz’altro esistenti – e si va dai pinguini alle pulcinelle di mare, dalle folaghe alle anatre di valle, allo svasso e al tuffetto – ma si tratta di figure the non sopportano nemmeno il tentativo di un’identificazione precisa. C’è, rispetto al dato naturalistico, un’evidente metamorfosi per cui alcune parti del corpo talvolta si increspano e sfumano in qualcosa di trasognato, che non ha più nulla di reale, come in Senza ali non si vola; c’è anche quell’impaginazione strana, con un’immagine composta in maniera bilanciata ma senza nulla del paesaggio in senso classico: ci sono riquadri, losanghe, campiture geometriche oppure strisce, che fanno sia da cornice sia da sfondo alla figura del centro; compaiono talvolta ulteriori elementi, che ricordano l’artescrittura, o che sembrano – ancora – geroglifici misteriosi. Gli “esseri” che campeggiano sulle tele e sulle delicate carte brune di Bice Ferraresi sono difficilmente ascrivibili a questo o quel gruppo animale o anche solo al regno animale tout court; sono partoriti dal cuore e dalle sue pulsioni, non dall’osservazione della realtà. Per quanto riguarda la tecnica, la pittura di Bice Ferraresi, da sempre piena e corposa, con i caratteristici grumi di colori vivissimi, spesso addensati con la spatola, si è fatta già sciolta e più libera. Del linguaggio espressionista mantiene ancora le macchie di colore accese e talvolta addirittura violente, ma sono apparse composizioni più rarefatte, specialmente se realizzate su carta e con utilizzo del collage (carte incollate su tela o carte su carte). Seducente, infine, nella Sua ambiguità – arcaica per certi versi, spregiudicatamente moderna per altri – l’uso di graffi che incidono la superficie pittorica.
Lungi dal cedere a tentazioni documentarie o naturalistiche, Bice Ferraresi non abbandona il Suo stile visionario; semplicemente lo rafforza con simboli che accrescono quella “tensione lirica” sempre presente nelle sue opere.

Maria Concetta Cossa

… Sembra davvero di navigare nello spazio guardando le opere di Bice Ferraresi; i colori ad olio sulle tele ed i materiali dei collages su carta sono protagonisti di scenari complessi ed affascinanti dai quali affiorano figure, segni, a volte parole che, pur graffiate sulla materia pittorica, mantengono la levità del sussurro. Immagini che evocano luoghi davvero lontani – forse arcaici, forse fuori dal mondo – o che raccontano, della vita, le tensioni più remote.

Giuseppe Toni

Volare necesse est?
Per volare ci vogliono le ali… non è vero. Le opere di Bice Ferraresi lo dimostrano ampiamente. La figura del suo “pinguino” e le didascalie dicono ii contrario di ciò che è realmente.
Le sue pitture infatti sono dei viaggi percorsi dalla fantasia, che non necessitano affatto dell’ausilio di un sostegno fisico.
II protagonista e “lui”, che da fermo raggiunge qualsiasi traguardo, supera enormi distanze e vede oltre l’orizzonte.
Sono queste visioni la realtà artistica delle opere, una realtà tutta da interpretare e da scoprire. Guai a non coglierne il significato e soprattutto guai a non attribuirglielo. Non sempre però questo è univoco e l’autrice lo sa molto bene per cui non elemosina il perdono a chi non interpreta esattamente il suo pensiero.
Il “non volatile”, sovrano incontrastato dei dipinti, ha tali e tanti poteri da assurgere a figura mitologica e un po’ istrionica se vogliamo. E un saggio, carico di conoscenze e pieno di buon senso… detto con parole povere.
Diceva Eileen Gray: “Per creare bisogna mettere tutto in discussione”. E una grande verità, una verità che trova conferma nei temi che Bice Ferraresi si propone o meglio propone alla sua “icona”. La quale scruta, pensa e infine risponde alle nostre domande con un sorriso beffardo lasciandoci confusi e alquanto perplessi.
E’ un filosofo che ha parlato, è un indovino che ha letto il nostro pensiero lasciando in ombra il proprio!

Rosanna Ricci

Le premesse indispensabili per avvicinarsi alla pittura di Bice Ferraresi riguardano, senza clubbio, l’affinità simpatetica del suo universo spirituale con la struttura linguistica deile opere. Poi basta trasportare l’immagine (che affonda le radici nel quotidiano) in una dimensione stranita e, per questo motivo, assai più suggestiva, e il segreto di Bice Ferraresi è svelato. Si tratta, in altre parole, di abbandonare ogni elemento che approdi alla mera descrizione o, tutt’al più, salvarne qualche frammento e lasciarsi irretire dal piacere di stendere colori seguendo ii libero corso della fantasia. Il senso della realtà viene stravolto. Tutto, nell’immagine, allude ad una realtà “altra” in cui lo spessore psicologico (e fantastico) risulta preminente. Ne consegue che per addentrarsi in questo mondo complesso ed affascinante occorre, da parte dello spettatore, una partecipazione non solo estetica, ma soprattutto emotiva. Nelle opere di Bice Ferrarei si respira un’atmosfera di attonito stupore che raggiunge I terriitori della memoriia, dell’attualità, dei recessi interiori. La pittrice studia, inventa, s’interroga ed e questo dialogo ininterrotto con se stessa che ne fa maturare le scelte espressive ed i richiami con la presente realtà. Una realtà che si manifesta solo per segni, fra rivelazioni ed occultamenti, in una tensione verso un’avventura cariica di silenzi, di sospensioni e di attese. I grumi cromatici, i filamenti, l’essenzialità delle forme, la reiterazione di alcuni elementi-simbolo (civetta, figura femminile, ruota, ecc.) rappresentano gli esiti della produzione della pittrice faentina.
II gesto cromatico si adegua di volta in volta alle esigenze delia narrazione, diversificando i momenti contemplativi e lirici da quelli in cui si intuisce una volontà di denuncia. Questa pittura è come un richiamo che lascia dentro una profonda suggestione. La suggestione, appunto, di un sogno i cui echi risuonano nei lunghi sentieri della memoria.

Dionisio Da Pra

… L’artista rielabora le immagini con le quail il sapere si archivia nella memoria, dove un segno appena scolpito è germe di un universo; accosta spezzate istantanee che hanno coagulato nei profili delle cose le nostre risposte interiori e compongono il mosaico variabile dell’esperienza, il caleidoscopio della sensibllità. Intende rappresentare le ininterrotte metamorfosi dell’Io, della coscienza. Nelle sue composizioni trovano specchio ricordi, sentimenti, stati d’animo, conflitti interiori, istinti ridesti, miti rivisitati, irruzioni dell’attualità, ma pure brandelli di sogni e fantasie col loro pentagramma di emozioni. Il movimento più che nelle cose è dentro di noi. La trasformazione riguarda La nostra suscettività. La Ferraresi con quel suo dissezionare ci turba e, insieme, ci acquieta. Vediamo nel grande bisturi che brandisce fuori della tela in attesa di affondarlo ancora, senza posa, nei tessuti connettivi del nostro essere la metafora di un inappagamento conoscitivo, di una costante ricerca dell’inedito e di ogni possibile intersezione fra il reale e l’immaginario.

Carlo Zauli

I LAPISLAZZULI DI BICE FERRARESI
“…Ella intende sottolineare alle nostre attenzioni il “sogno-realtà” nei momenti della notte, sulla meditazione del nascosto animo femminile, che spesso, troppo spesso, sfugge alle nostre considerazioni ed alle nostre pur vive sensibilità.
Le figure lungamente imprigionate dagli azzurri più tenui; fino ad arrivare agli intensi blue dei lapislazzuli, vengono condotti alla luce da una felice intuizione e composte attraverso forme, piani, volumi e linee che ci si presentano come memorie di incontri vissuti o sognati o di personaggi realmente interpretati…”

Back To Top